Ritratti, viste e sentite

Scherzi totiani

Gianni Toti, conosciuto come fondatore della poetronica, è stato, lungo le sue moltepici vite, giornalista e direttore di “Lavoro”, settimanale della Cgil voluto da Giuseppe Di Vittorio, negli anni cinquanta del secolo scorso, Fu una sfida all’insegna dell’innovazione, della creatività, della ricerca di un modello popolare vincente nella stampa italiana, capace di coniugare impegno e tempo libero. Intervistai Gianni Toti trentasette anni fa, oggi – come presidente dell’Associazione Gottifredo – custodisco il suo Fondo librario e archivistico.

Si possono anche chiamare scherzi del destino, ma in realtà a determinarli, questi scherzi, c’è sempre una ragione più o meno nascosta, una traiettoria della vita di ciascuno che non può che andare in quel modo, secondo una necessità che a un certo punto del tragitto si rivela inevitabile.

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viste e sentite

Un Maestro del sacro, nella provincia ciociara

Antonio da Alatri, il pittore alatrino operante alla metà del secolo XV prima a Roma sulla scia dell’insegnamento di Gentile da Fabriano e Antonio Pisanello, nella fabbrica di San Giovanni in Laterano, e poi qui da noi nella sua “bottega” che formò i pittori le cui tracce, riconducibili al suo inconfondibile “vocabolario” stilistico,  incontriamo ancora oggi nei dipinti murali delle nostre chiese, cerca la modernità volgendosi al passato: individua nell’astrazione dello spazio senza marcature regolari, sciolto dalle scansioni della prospettiva, il segno inequivocabile della presenza del sacro e la misura del tempo dentro il quale si  celebra la sua epifania.

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Senza categoria, viste e sentite

Se i poveri sono colpevoli

Sessanta anni fa un’indagine spiegava che la povertà del meridione nasceva dal “familismo amorale”. Un modo per dire che i poveri non sono esenti da colpe. In occasione dei quaranta anni della ricerca, realizzata da E.C. Banfield, da cui nacque un libro celebre “Le basi morali di una società arretrata” andai a visitare il paese lucano oggetto dello studio del sociologo americano e ne scrissi per il mio giornale “Rassegna Sindacale” e “Diario”, con cui saltuariamente collaboravo. Ma ne presi anche spunto per un saggio uscito su “Nuovi Argomenti” nel marzo del 2000. mentre si discuteva di riforma dell’assistenza e aveva appena preso avvio la sperimentazione del “reddito minimo di inserimento”. Mi è tornato in mente in questi giorni d’esordio del “reddito di cittadinanza”, soprattutto  avendo preso parte ad alcune presentazioni di questa “misura”, nel corso delle quali i promotori mi sono sembrati un po’ troppo preoccupati di spiegare le sanzioni e le punizioni previste contro i ”furbi”, riecheggiando l’atavica diffidenza contro i poveri tanto nota in letteratura. Nel saggio  guardavo lo “strumento” individuato per “certificare” la povertà, il “riccometro”, alla luce di questo atteggiamento culturale e politico. Ripropongo lo scritto senza cambiamenti, non credo lo abbiano letto in molti (nonostante la prestigiosa sede di pubblicazione – la rivista fondata da Pasolini e Moravia) e mi fa piacere segnalarlo, ritenendo perfino che qualcuna delle osservazioni in esso contenuta possa risultare utile anche nel dibattito di oggi.

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Ritratti, viste e sentite

Alla ricerca di Troppa. Puntata seconda. Il Compianto di Terni

Un Compianto di Girolamo Troppa (foto del titolo) è esposto nel museo Caos di Terni, una struttura culturale ricavata da un vecchio opificio appena fuori dal centro storico della città. Siamo alla  seconda tappa del nostro avvicinamento alla Mostra della Pietà di Alatri (che abbiamo chiamato “Il Cristo svelato”, non solo per lucrare, con un innocuo gioco di parole, sul nome del celebre “Cristo velato” della cappella napoletana di Sansevero), ripercorrendo per quanto possibile le tracce di un pittore che fu prolifico nella produzione, disuguale (tanto da ingenerare qualche confusione) negli esiti artistici, dalla biografia accidentata e che, comunque, oggi sta attirando l’attenzione di diversi studiosi che annunciano studi e monografie sulla sua opera.

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Ritratti, viste e sentite

Conversazione sui film, la necessità dei sottotitoli, il dramma di un appassionato che sta diventando sordo

 

I protagonisti di questa conversazione sono il mio amico Elio Vernucci, medico a Piombino, molisano di nascita ma alatrense di elezione, e il suo amico Fabio Canessa, un critico cinematografico finissimo che grazie ad Elio ho conosciuto anch’io. Il loro scambio di lettere (via mail, ma sono scritte con l’eleganza di chi sa adoperare la penna stilografica) è l’occasione per raccontare, intrecciandole, alcune belle storie. Le ho ricevute in copia e, senza chiedere il  permesso agli autori (e tuttavia sperando di non irritarli), le ospito nel mio blog, aggiungendo a quello di Elio anche il mio appello per i sottotitoli nei film, perché pur non essendo sordo solidarizzo con chi lo è, e poi – se si tratta di film stranieri –  credo che essi (e tutti i film) vadano visti e sentiti nella lingua originale.

da Elio Vernucci a Fabio Canessa, l’8 gennaio 2018

Caro Fabio,

tra la fine degli anni sessanta e i settanta (i settanta tutti, a dir la verità) ho fatto scorpacciate di films  (o filmi). A Pisa per mantenerci all’università io e mio fratello Franco eravamo Istitutori Collaboratori al Qualquonia (ci chiamavano però Studenti Maestri) e tutte le domeniche accompagnavamo i ragazzini al cinema dove potevamo assistere agli spettacoli gratis et amore Dei, era il Lanteri in via S. Michele degli scalzi che raggiungevamo rigorosamente a piedi,  inquadrando i ragazzetti in fila per due divertendoci a farli camminare con estrema lentezza sulle strisce zebrate per far innervosire gli automobilisti e dare un po’ di stura al nostro (di ragazzi e Maestri) sadismo e invidia e cattiveria non tanto celata.

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DIARIO DI UNA MOSTRA/1 BREVE VIAGGIO NEI LUOGHI DI GIROLAMO TROPPA

Girolamo Troppa, il pittore della seconda metà del seicento su una cui  tela, custodita nella sacrestia della Cattedrale di Alatri, noi dell’Associazione Gottifredo stiamo preparando una mostra – avviata dall’ idea e dall’impulso di Mario Ritarossi che l’ha riportata all’attenzione di tutti – è ricordato con una targa posta all’entrata della casa natale nel borgo di Rocchette, nel comune di Torri in Sabina.

Ci sono stato qualche giorno fa con lo stesso Mario Ritarossi, accompagnati dal sindaco di Torri, il medico Michele Concezzi, e dal cultore di storia locale (ma anche imprenditore agricolo) Paolo Della Torre, che è a capo di una associazione chiamata “Cento per cento Rocchette” che non nasconde l’antico rivendicazionismo campanilista nei confronti del vicinissimo paese di cui, dopo essere stato autonomo, è diventato frazione.

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Passaggio a Pelonga

La prima volta che ho visitato Pelonga (da un originario Spelunca) è stato attraverso le pagine del libro scritto da Angelo Boezi (nel suo passato di studioso di mille conoscenze e curiosità c’è una rilevante esperienza di scavi e studi archeologici) con la collaborazione di Giulio Rossi, un apprezzato medico che è stato anche assessore alla cultura del comune di Alatri.

Un saggio notevole (pieno di spunti polemici, condotti sul filo dell’ironia e del garbo che però non fa sconti sulla sostanza delle questioni in gioco) che propone una lettura e un’interpretazione nuove di un sito finora considerato una sorta di insediamento fitto di casematte militari o rudimentali rimesse agricole di cui nessuno, per quanto possa sembrare incredibile, si era posto la domanda su chi e perché le avesse costruite.

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Passaggio in Molise e contabilità del presente

La grande foto di Giuseppe Di Vittorio, regalatagli da un compagno del sindacato della Cgil di cui è stato segretario generale del Molise per anni, sta alle sue spalle nell’ufficio di consigliere regionale, a Campobasso. Michele Petraroia è stato per un breve periodo vice presidente della Giunta regionale della sua Regione, ma alla fine si è dimesso per segnare il distacco dal partito in cui è stato eletto e dalle politiche della maggioranza di cui faceva parte. Ogni volta che lo incontro, e cerco di farlo sempre tutte le volte che vengo in Molise, imparo qualcosa.

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Oggi siamo tutti Marino, domani chissà

Non so, onestamente, se Ignazio Marino, come scrive oggi un quotidiano, voglia accreditarsi, per sfuggire alle dimissioni da lui stesso firmate e ora evidentemente in via di revoca, come un “sindaco del fare”. Ho però la netta impressione, pur non vivendo più da un paio di anni a Roma e perciò non avendo, come suol dirsi, il polso delle cose che accadono nell’Urbe, che egli sia stato giudicato dal suo partito ben oltre gli eventuali demeriti e che la sua colpa maggiore sia stata quella di infastidire, contrariare, colpire interessi che non ci hanno messo un minuto a coalizzarglisi contro, cercando di demolirlo prima con l’irrisione poi con la contestazione politica, infine con l’isolamento e con sempre più intense manovre di forte coloritura politico-affaristica.

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viste e sentite

Garanzia giovani. Per chi?

Oggi ho ascoltato il racconto di un ragazzo di ventisette anni, reclutato da una pizzeria con il progetto Garanzia Giovani, il quale da che doveva imparare a fare le pizze è stato messo per due mesi a lavare i piatti, ricevendo poi il ben servito nel momento in cui ha rivendicato, con la mitezza e l’educazione che gli si leggono in faccia, la formazione nel tipo di lavoro per cui era stato chiamato. Per di più il datore di lavoro non gli ha voluto certificare con la propria firma le ore svolte, sia pure nella mansione non prevista, con ciò impedendogli di percepire il compenso stabilito dalla legge e garantito da fondi regionali.

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